Evocherei un aggettivo arcaico. Ubertoso. 24 aprile. Piglio la A 14, uscita Forlì. I cartelli indicano subito la SS 9. Direzione Predappio. Un eden tra Castrocaro, Civitella, Galeata. Colline verdi, vigne, fiumi, prati in fiore. Ubertoso. Paesaggio decisamente ubertoso, fertile, nutriente. Sfilo di fianco a filari di alberi, sgargianti, e case ben tenute. Sembra una porzione di Svizzera nel cuore sanguigno, anzi, sanguinante, della Romagna. Predappio, la Betlemme del Duce, non è la rocca di Mordor, è una conca di luce, una bellezza nitida. L’unica traccia di oscurità, qui, sono le camicie nere, i manganelli, i faccioni del Dux che appaiono dalle vetrine di alcuni venditori di souvenir. “A forza di non fare nulla, abbiamo lasciato il Fascismo in mano ai negozianti e ai nostalgici”, mi dirà, più tardi, il Sindaco di Predappio. Alcuni cartelli istituzionali promuovono Predappio come “la città del Sangiovese”. Ma non c’è niente da fare, c’è poco da dire. Predappio è la città del Duce. Manifesti, lungo la statale, promuovono una visita a ‘Villa Mussolini’, ovvero Villa Carpena, proprietà privata, la residenza del Duce, di Rachele e dei figli, che ora ospita il Centro studi intitolato a Romano Mussolini. I manifesti sono lordati dallo spray. La scritta è ben visibile, a caratteri cubitali, ‘Carogne!’.
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nel sito specifico Progetto Predappio, a partire da qui. La relazione è firmata da tanti. Il ‘Progetto culturale’ è di Carlo Giunchi, il ‘Coordinamento scientifico’ di Marcello Flores. Vale la pena citare il brano concettuale fondamentale: “la damnatio, professata per decenni come unica condizione per sollecitare una memoria vigile e ‘armata’ contro i rigurgiti del fascismo, non ha funzionato: ha finito inevitabilmente per favorire l’oblio, basato su equivoci e luoghi comuni, e alimentare la nostalgia di minoranze fanatiche e ideologizzate. La storia stessa di Predappio, il piccolo borgo agricolo che dette i natali al Duce e che ora ne conserva le spoglie, è lì a testimoniare, con la brutalità dei pellegrinaggi dei fascisti giovani e vecchi, che si ripetono da oltre mezzo secolo, le contraddizioni di quel convincimento. Narrare il fascismo è dunque una necessità, che si può perseguire senza scadere nell’apologia, nell’‘afascismo’, nella superficialità divulgativa, nella retorica”.
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Il ‘miracolo’, per così dire, si è consolidato poco fa. Nel marzo del 2016 la Casa del Fascio diventa proprietà del Comune. Nello stesso anno la Regione Emilia-Romagna, tramite il Por Fesr (cioè il Fondo europeo di sviluppo regionale) assegna 1 milione di euro a Predappio; 500mila euro vengono dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì; altrettante dalla vendita delle azioni comunali Hera. Nello stesso anno al Sindaco è conferito l’‘Austrian Holocaust Memorial Award’ per “il suo impegno nel cercare di creare un discorso obbiettivo sul fascismo attraverso un centro di documentazione del Novecento”. 2 milioni di euro e il premio non bastano. L’Associazione nazionale partigiani, per voce della presidente Carla Nespolo, esprime – siamo nel dicembre 2017 – “ferma contrarietà ad una iniziativa che rischia di configurarsi come celebrativa della dittatura fascista, seppure al di là dell’intenzione dei promotori”. Sembra lo stop definitivo. Per fortuna, però, interviene l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane a dare sostegno a Frassineti. Con una lettera protocollata del 3 gennaio 2018, la presidente Noemi Di Segni scrive: “Noi ebrei italiani siamo convinti che edificare Luoghi della Memoria contribuisca a trasmettere la conoscenza storica di quanto drammaticamente avvenuto a causa del fascismo e del nazismo… vediamo quindi con favore anche la possibile realizzazione di un Centro di documentazione e studio sulla storia del Novecento e di un Museo storico e centro di documentazione sul fascismo, trasformando un edificio tanto simbolico come la Casa del Fascio e dell’ospitalità in un luogo che al contrario favorisca la profonda consapevolezza e conoscenza e generi impegno civile e partecipazione”. L’appoggio dell’Ucei a Frassineti vince le residue resistenze culturali e convince il Mibact. Il Ministero guidato da Dario Franceschini, tra i suoi ultimi atti, due mesi fa, ‘sgancia’ 1 milione e mezzo di euro al Comune di Predappio. Ora si parte. Per davvero.
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“Per troppo tempo i cittadini di Predappio hanno dovuto subire il peso di un’onta: essere i concittadini del Duce. A Predappio è nato Mussolini, è vero; ma tutti sanno che il Fascismo è nato a Milano. Predappio non è la Chernobyl della Storia, noi non abbiamo ‘disonorato l’Italia’”, mi dice il Sindaco. Predappio, in effetti, è una città felice. E ne va fiera. Vi abitano 630 stranieri di 43 nazionalità diverse – in maggioranza rumeni – ben integrati nella comunità, e il Sindaco ha ospitato, tra i primi nel forlivese, 20 profughi. Il welfare è efficacissimo. Niente parcheggi a pagamento, scuolabus, asilo nido, “una famiglia su 12 ospitata nelle case del Comune e una retta mensile all’anno pagata dal Comune agli anziani nelle case di cura: neanche a Cuba…”, fa Frassineti. Io lo ri-sfotto: tipica soluzione ‘mussoliniana’. Il progetto museale, ad alta tecnologia, è stato ideato dall’Istituto Parri di Bologna (Frassineti si è rivolto, in primo luogo, a Valerio Onida, presidente dell’Istituto Nazionale Ferruccio Parri, ma lì le resistenze sono state letali). In estate verrà risolto il bando per l’appalto dei lavori di restauro, “a novembre si inizia”. Intanto, si comincia a lavorare su un lato della Casa del Fascio, quello che diventerà museo. L’altro, che deve ospitare il Centro studi, è rimandato al futuro. Ma per lei un futuro non c’è più, sfido il Sindaco, che nel 2019 deve lasciare la poltrona ad altri. Frassineti ha la risposta giusta. “Tra un paio di mesi varerò la Fondazione Predappio. Una struttura privata con il compito di trovare risorse per terminare il progetto museale. Vigilerà affinché i lavori non si fermino per strada, diciamo così”. Colpo da biliardo formale. Frassineti cementa l’avvenire di ‘Italia Totalitaria’. Il sole gli illumina la faccia, il Sindaco pare inondato dalla quiete dei santi.
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25 aprile, Liberazione. 28 aprile, anniversario della morte di Benito Mussolini. Sono passati 73 anni. I nostalgici a questo giro rombano altrove. Forza Nuova aveva pensato a un banchetto, presso la casa natale del Duce. Rimandato in maggio. Faccio un salto alla cripta della famiglia Mussolini, che sta poco fuori Predappio, al cimitero monumentale di San Cassiano in Pennino. Su TripAdvisor ci sono 340 recensioni; in 225 hanno giudicato la Cripta Mussolini ‘eccellente’. La cripta fatidica è chiusa per lavori di restauro. Pioveva dentro. I lavori sono iniziati il 10 aprile, dureranno per tre mesi. L’“importo complessivo dei lavori”, leggo dal cartello, è di 90mila euro. Un dono della Fondazione Alleanza Nazionale ai cittadini di Predappio. Per partire con i restauri, il Sindaco ha dovuto convincere gli eredi Mussolini. Non dev’essere facile. Un cartello, attaccato alle inferriate, avvisa: “La famiglia Mussolini si scusa per il disagio arrecato ai visitatori dovuto alle improrogabili opere di risanamento conservativo”. Sembra una allegoria. Fascismo, lavori in corso.
Davide Brullo
Il Sindaco di Predappio si chiama Giorgio Frassineti, sufficientemente basso, molto cordiale, viso ampio, ‘mussoliniano’, gli dico più tardi, sfottendolo, geologo di professione, un certo carisma da viveur, fuma Philip Morris sottili. Frassineti è stato eletto la prima volta nel 2009, “ho vinto per cento voti, un c**o pazzesco…”, all’inizio aveva paura dei borbottii della gente – “sai, tutti parlano del Sindaco – e non ne dicono bene – prima non ci dormivo la notte”. Ora se ne fotte e di fatto il suo compito è tenere a bada i giornalisti. A frotte. “Ieri è venuta una di Radio France, tra due giorni vedo un giornalista di Der Spiegel, mi chiedono un giudizio sulla situazione del Governo italiano… a me…”. Due mesi fa il The Washington Post gli ha dedicato la prima pagina – “sono venuto bellino, vero?”. Titolo: “With its museum of fascism, town aims to vilify, not glorify”. “Mi manca solo Al Jazeera, poi li ho fatti tutti”, dice lui. Museum of fascism.‘Museo del fascismo’. Questo è il tema. Frassineti, una carriera da militante a sinistra, dozzine di Festival dell’Unità sulla schiena, s’è messo in testa di fare un museo del fascismo. Apriti cielo. “La prima idea mi è venuta nel 2010. Ora ti spiego come è andata”.
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Il fatto è che Predappio è inscindibilmente legata a Benito Mussolini. “Vedi, dove siedi tu dormiva Mussolini con suo fratello Arnaldo…”. Mi alzo, un po’ intimorito. Sono nell’ufficio del Sindaco. Palazzo Varano. Edificio storico, già scuola elementare dove insegna Rosa Maltoni, la mamma del Duce, diventerà la dimora dei Mussolini. Nel 1927 è “sede degli uffici comunali… agli arredi interni provvede direttamente il Capo del Governo, Benito Mussolini”, leggo su un cartello. I mobili dell’ufficio del Sindaco hanno ancora il logo del fascio littorio. “Cosa dovrei fare?, buttarli?, ma questa è roba dei cittadini di Predappio”. Predappio piace al resto del mondo, che non ha problemi di rimozione: uno studioso dell’università di Cambridge sta studiando l’antropologia della città di Mussolini. Una ricerca che durerà tre anni. A mezzogiorno in punto l’edificio comunale sobbalza. Una sirena. Il suo fischio è profondo come il grido di un muezzin. Guardo il Sindaco. Penso a un allarme antincendio. Il Sindaco mi tranquillizza. “Questa è la sirena delle Officine Caproni”. Gli stabilimenti sono sulla via per Predappio Alta. Ora un guaito di ruderi. Le Officine nascono nei primi Trenta, occupano centinaia di lavoratori, chiudono nel 1944. “Ma non si permetta di togliere il suono della sirena ai miei concittadini”. Mussolini è dappertutto, a Predappio. Insistente, pervasivo, profondo. Come un fischio.
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Nella piazza di Predappio esplode, marmorea, la chieda dedicata a Sant’Antonio da Padova. Commissione del Dux, del 1931, a Cesare Bazzani, accademico d’Italia, architetto di spicco – tra le molte opere, ha fatto la facciata di Santa Maria degli Angeli ad Assisi. Oltre alla chiesa, altrettanto imponente, la Casa del Fascio e dell’ospitalità. Brutalizzata dal tempo e dall’oblio. Qui Frassineti tenta di realizzare il suo sogno di riscatto civico, il ‘Museo del fascismo’. Che poi non si chiama così. “No. Il nome definitivo l’abbiamo trovato qualche settimana fa”. Spara. “Italia Totalitaria: Stato e società in epoca Fascista”. Bello. “I miei nemici si chiamano pregiudizio, isolamento, banalizzazione della Storia. Cerco di vincerli con la ricerca, l’arte, la cultura”. Passiamo dallo slogan ai fatti. Frassineti culla il progetto dal 2010. Lo lavora, per così dire, ‘sottotraccia’. Nel 2014 Frassineti si ricandida con la civica Predappio Bene Comune (di fatto, il PD). “Non c’è storia”. Ha ragione. Plebiscito quasi mussoliniano. Raddoppia i voti della candidata che arriva seconda. “Fu la vittoria, soprattutto, del progetto museale, che avevo inserito nel programma di mandato. I cittadini di Predappio mi hanno autorizzato a procedere”. Ora occorre trovare i soldi. Predappio è un Comune da 6400 abitanti, con un bilancio comunale da 5 milioni di euro. Per restaurare la Casa del Fascio e farci un museo ce ne vogliono di più. Oltre ai soldi, inoltre, bisogna vincere le resistenze ataviche. “Alcuni hanno pensato a un progetto teso a glorificare l’epoca fascista… ma stiamo scherzando? L’ipotesi del museo, che si visiterà dall’alto verso il basso, è come una discesa nelle viscere infernali del totalitarismo. E poi. Basta leggere i documenti”. Giusto. Fatelo anche voi. I documenti si scaricano